il mio canale you tube

il mio canale you tube
musica e video amatoriali fatti da me

Elenco blog personale

10/09/17

penso che fra un pò la guerra finirà in Siria e penso che Obama è il principale responsabile, lo so mi direte che sono folle eppure io la penso così.

penso che fra un pò la guerra finirà in Siria e penso che Obama è il principale responsabile, lo so mi direte che sono folle eppure io la penso così.

Dare la mano ai ribelli ha creato l'isis, come dare la mano ai ribelli in Egitto ha creato i fratelli musulmani e via dicendo, in nord Africa non sono pronti ad essere occidentalizzati, poi perchè lo devono essere,ci aveva provato Busch e ancora ci sono i risultati e sono devastanti,poi siccome l'america è al di là dell'oceano chi deve prendersi il danno e la beffa è l'Italia per prima, è ora di finirla o l'europa diventa politica e pure si fa rispettare dagli USA,oppure usciamo dalla UE e dalla nato pure, dopo 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale pretendere sudditanza è delirio,basta non ne possiamo più, hanno destabilizzato tutto il nord e centro Africa , noi siamo nel bel mezzo del mediterraneo e siamo i primi in occidente a pagare le conseguenza.

Si dovrebbe trovare la soluzione che gli USA riparino ai loro torti e noi non possiamo più accogliere immigrati, lo dico con grida, non ne possiamo più, basta immigrati


Mosul, sfollati della città martire dell’Isis tra depressione e sete di vendetta: ‘Bimbi pensano di essere stati puniti da Dio’

Mosul, sfollati della città martire dell’Isis tra depressione e sete di vendetta: ‘Bimbi pensano di essere stati puniti da Dio’
MONDO
REPORTAGE - A 40 km a est della capitale irachena dello Stato islamico sorge il campo profughi di Hassan Sham, che ospita circa 10.200 persone fuggite dalla città liberata ufficialmente il 9 luglio: le Nazioni Unite stimano che l'80% di loro abbia conseguito dei traumi causati dalla guerra e dalla perdita della propria abitazione, il 15-20% quelli che hanno disordini mentali

Gli ottanta chilometri di strada che vanno dalla città di Erbil a Mosul sono sono una piana costellata di campi profughi in cui hanno trovato rifugio parte degli 838.000 sfollati della battaglia che lo scorso luglio ha portato alla caduta della capitale irachena dello Stato Islamico. Agglomerati con migliaia di tende bianche delimitate da una recinzione che si stagliano nel panorama desertico in cui si alternano i villaggi distrutti e ancora disabitati dopo che che 3 anni fa, per un breve periodo, erano stati presi dagli uomini di Abu Bakr Al Baghdadi.
A 40 km a est di Mosul sorge il campo profughi di Hassan Shamche ospita circa 10.200 persone fuggite dalla città liberata ufficialmente il 9 luglio. “Dei giorni in cui eravamo assediati dai bombardamenti a Mosul Est mi è rimasta l’immagine di me rannicchiato con la testa tra le gambe. Eravamo intrappolati tra le macerie, le case erano state ridotte in polvere. Non riuscivamo a uscire, molte persone sono rimaste uccise, la situazione era terribile. Per la strada c’erano corpi ovunque, mancava tutto, mangiavamo del cartone ammorbidito con l’acqua”, racconta Ahmed, nome di fantasia, ragazzo minuto di 24 anni che da 9 mesi vive in una delle tende di Hassan Sham. “Non abbiamo più niente. Io ormai sono adulto e non ho un lavoro. Quelli più giovani di me non sono andati a scuola per anni, non c’è alcun futuro per noi”.
Come per la maggior parte delle persone che vivono nelle tende bianche tormentate dal sole cocente, il futuro passa anche dalla cure delle ferite invisibili della guerra, i traumi psicologici che riguardano la maggioranza degli sfollati interni di Mosul. Gli shock causati dalla guerra e dalla perdita della propria abitazione possono degenerare in patologie come la sindrome da stress post-traumatico (PSTD). Nel campo di Hassan Sham gli operatori dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni, lavorano a un programma di supporto psico-sociale per gli sfollati interni. Ahmed lo frequenta da alcuni mesi assieme ai suoi coetanei che si riuniscono diverse volte alla settimana nella grande tenda blu allestita nel centro.
Accanto c’è un’altra struttura gemella, è l’area dedicata alle donne. Tra le macchine da cucire e le stoffe colorate, incontriamo Rasha, altro nome di fantasia. Ha solo 14 anni ed è l’unica che accetta di parlare: “Ho vissuto quasi 3 anni sotto l’Isis. Siamo scappati lo scorso marzo, è stato terribile. Decine di capi famiglia sono stati decapitati perché, come noi, tentavano di fuggire. Mio padre è stato picchiato, ma si è salvato”, racconta. “Nell’ultimo periodo il cibo scarseggiava, non c’erano medicinali. Negavano le cure a chi stava male o restava ferito. Gli uomini dell’Isis ci dicevano di lasciarli morire. Inoltre, le punizioni che venivano inferte quando si violava il loro codice di condotta erano terribili. Una volta una donna che per loro non era coperta a sufficienza è stata picchiata in maniera violenta per la strada”

Nessun commento: