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29/08/15

sul mio blog, fotografie,romanzi ed altro,ho pubblicato il romanzo completo, bello come un dio di Qam chi vuole può leggerlo

http://fotofattedame.blogspot.it/

sabato 29 agosto 2015


bello da morire,bello come un dio,capitolo 1


 




Questa è una storia dove nomi e fatti sono frutto di fantasia, il luogo dove si svolge la maggior parte del racconto è Milano con un poco di sud d’Italia, racconta sentimenti in un periodo di cambiamento sociale profondo, i personaggi interpretano questo periodo del loro vivere







1.             Maria

Sei in giro a spendacchiare come al solito, ti dò il bollettino, tempo cattivo cazziato assai nero con fulmine a saetta io sono.
Aspettando che si cheti la tempesta pulisco il tugurio, fortuna che topi non ne vedo più, ciao.
Anche questa è fatta, ho scritto il messaggio e chiudo subito facebook, non voglio sentire nessuno manco vedere, se no più nera divento, nera dentro e fuori sono, mentre mi faccio il caffè continuando a mugugnare, guardo fuori , cosa c'è di nuovo, ebbene ci sono da sempre per me una fila di  alberi  lì abbandonati, senza nessuna manutenzione, così come me  vedono passare la vita altrui ,che le nostre sono immobili, hanno radici d'acciaio, la vita è degli altri,  la propria non c’è più. Passano le stagioni, gli amori, passa tutto e resta cosa? Niente, solo niente, ma un niente di che, il nulla del tutto, della tua gioventù che la pensi  persa non vissuta, della maturità così felice allora, oggi scontata, quasi scordata, di adesso che il tempo scorre lentamente e ti dice tutto il giorno non c’è più niente, non c’è più niente, tutto è andato, tutto è perso per sempre, manco le lacrime ho più, da quanto tempo non piango, non lo so,  mi sono messa qui, di fronte agli alberi, alle querce, loro hanno più o meno la mia età, sono giovani, le hanno piantate negli anni 50 quando hanno costruito questo condominio, ai tempi era un palazzetto, manco brutto, ma oggi è un quartierino multietnico, ci siamo tutti qui, io italiana di origine meridionale,  egiziani, cinesi che vanno e vengono cambiano volti con gli stessi nomi, chi sono? Sempre in silenzio questi cinesi, paiono servizi segreti permanenti e seguono le regole cinesi evadere il fisco e maneggiare soldi per mandarli esentasse in Cina, poi naturalmente avere un ristorante che spande puzze nauseabonde , ci sono romeni, bulgari, albanesi, indiani, senegalesi ed altri con la loro bella pelle nera, ci siamo tutti, rappresentanti del pianeta terra, in un condominio decadente con davanti un boschetto, con una fila di alberi crescenti ,non curati, sfruttati, come noi, siamo in regola, siamo oggetti, siamo in armonia, con il resto del paese Italia, ci chiamano i nuovi schiavi, che siano qui o là non conta niente, il luogo sempre o quasi un casermone, noi  come in un allevamento intensivo di polli, ognuno nella sua gabbietta pronto all’uso, quale uso si può fare di un uomo, ma di tutto ci fai, l’operaio, l’impiegato, la nonna, il bambino da riempire di istruzioni per essere pronto un domani a servire chi, ma loro sempre loro da quando l'uomo è diventato stanziale ,la roba è essenziale, che sia un oggetto, casa macchine e via dicendo, fino al virtuale, comperi milioni di barili di petrolio, ma non ne hai uno, sono virtuali, li comperi e li vendi accumuli ricchezze, decidi se uno deve morire di fame o rimpinzarsi di schifezze, il nuovo ordine mondiale che tutto prende e nulla da, sta distruggendo il pianeta, noi uomini ridotti a omuncoli di allevamento, a zombie, al niente, e se ti ribelli finisci isolato, sei lì che  sei altro che niente come me e altri miliardi di deficienti che stanno in vari stati del globo, proprio come me servi.
Mentre mi occupo di allegri pensieri della mia decadenza fisica e morale, sorseggio il caffè, leggo i giornali su internet, scrivo articoli nei miei blog, scrivo sempre le stesse cose da anni, indignazione su politici corrotti e mignottoni, oppure desideri, della gente che fa fatica a vivere, dei politici che magnano e magnano e rubano, tutti rubano di tutto, mi hanno pure rubato terminologie volgari scritte su internet, prima disprezzate e poi fatte proprie e divulgate le mie parole cazziate, una delle  prime a scrivere italiano volgare, fui io che scrissi magna magna, tiè, cazziare ecc. ecc. altri termini di usanza popolare, qualche penna arguta e schifiltosa me lo fece notare perché io anche se ignota avevo pubblico che con me relazionava e discuteva, per lui invece anche se nome noto non era cagato da nessuno, visto che l’invidia sempre ci perseguita, lui trovò il modo di screditarmi mi disse, ma sbagli  a scrivere, correggi, ma dai come osi mettere certi termini volgari, gli risposi: guagliò questa è internet, è popolo, se sei dei quartieri alti non me legge, che io non aspiro ad altro che rompere i coglioni alla gente che è fine nell’aspetto pure di penna, ma rubaiolo nell’anima e nelle mani e non me scassà a minchia, nulla mi disse più, però ogni tanto c’è un signore che mi fa notare tramite il suo nik/avatar anonimo la punteggiatura e gli errori ortografici, penso sia un giornalaio,(chiamati così i giornalisti servi del regime) cioè quelli che sanno scrivere benissimo il dettato dei partiti senza errori grammaticali, infatti uno che mi seguiva su internet facendomi pure bannare il mio nik, ora sta con tutta quella bell’aria panzuta  in tv, ci staziona dalla mattina alla sera, su tutti i canali, lui sputa di  tutto, in specie parla di noi donne, ma che ne sa lui delle donne, gli piace  che  la donna sia  sottomessa, io penso una coraggiosa oppure una depravata va con uno di 200 chili per dire che gode, ma di che, di schiacciata e via, ma i gusti sono gusti, io da giovane uno così, manco il saluto gli davo e non per la ciccia fuori, ma per quella che ha nel cervello, perché vuole la donna sotto per essere potente, maschio, per desiderare sottomissione della donna, che ne sa dell’essere maschio ,che vuol dire, uno così mi sa che è impotente, cioè un deficiente che si crede giornalista spero che sia cornificato a dovere.
Da giovane ero schifiltosa, amavo essere riservata nei modi e nella parola e anche molto curata nell’aspetto,  non elegante, ero trasandata, pulita, ero vestita di belle cose, appena indossate prendevano la forma della mia indolenza e diventavano stracci che mi davano un’aria di trasandatezza, non curanza delle apparenze, ma molto attenta alla sostanza delle cose, mi chiamavano la paninara, ma così di alta classe, ma che alta o bassa, io venivo dal sud, vissuta in una casa dove non mancava nulla, era piena di belle cose sobrie, mio zio diceva di se  che era padrone della sua casa e terra e della sua vita e naturalmente della mia, ero una  sua estensione, lui mi guardava e io capivo, mentre mia zia che di parentela  lo era di carne, cioè sorella di mia nonna per ottenere da me a volte mi passava per mani, sempre nei punti dove non c’era danno, il sedere, vita nel sud, un paesino che pareva un presepe, sui 600 metri d’altezza, quasi montagna, aria frizzante, cibo buono e educazione rigida andante verso morbide lasciate, perché ai bambini si lascia fare, insomma c’era la casa, la sicurezza, non ero popolo, ero una borghesuccia, la mia famiglia era così. Il sud che hanno descritto e scritto al nord io non lo riconosco, mi ricordo un sud pulito ,non c’era ricchezza, ma manco fame, chi era povero non veniva abbandonato, chi aveva doveva dare e perché se aveva e non dava veniva additato malamente e ricordato per crudeltà e taccagneria dunque non rispettato se non per via della sua ricchezza e di certo non amato, perciò la gente normale come mio zio che ci teneva ad essere oltre che rispettato pure amato, in inverno preparava i sacchi per chi nulla aveva, dentro metteva farina, legumi e olio, potendo se c’era abbondanza anche formaggio pecorino, il parmigiano giù non esisteva, c’era caciocavallo, ricotte buonissime, insomma nessuno doveva patire la fame, un mondo contadino dove ci si conosceva tutti, eravamo 800 abitanti, inutile non si poteva dire che non avevi visto o non sapevi, dovevi fare il tuo dovere, dare a chi non aveva era un obbligo.
Mi sono persa nel ricordo della mia infanzia, direi perfetta, poco simile a quella dei bimbi di oggi, povere creature attaccate alla tv e al pc, no noi eravamo attaccati all’aria, alla terra ai sassi, con i sassi tutto facevi, la guerra, le case, i recinti, i giochi erano la materia prima per esplorare il mondo, le corse, mosca cieca, giochi poveri ma salutari, eravamo liberi, un paese a nostra disposizione, e le mamme che chiamavano all’ora dei pasti, noi ritrosi nell’andare in casa, fuori era bello in tutte le stagioni, in inverno  la neve che era tantissima, la si aspettava come dono dal cielo, noi bambini la volevamo: “quando scende la neve” chiedevamo anche perché di solito chiudevano le scuole, il paese rimaneva isolato, i grandi  preoccupati e noi felici.
Arrivava poi la primavera con i suoi colori e profumi, i vestiti nuovi, la pasqua, i dolci e fiori, per finire nell’estate con odori più forti di sole, di grano, di uva, di orti abbondanti e era naturalmente tutto biologico non era  di moda, era così.
Il grano mietuto  veniva, festeggiato perché  per l’inverno era sicurezza di cibo, grano era pestato dai cavalli e poi a mano pulito, macinato in loco, era biologico pure quello, il vino poi era fatto nei tini l’uva pigiata coi piedi, era festa ,il lavaggio piedi era un rito, gli uomini per le condizioni dei piedi che dovevano essere lavati scupolosamente, presi in giro dalle donne in specie se ambo i sessi liberi da vincoli per scegliere magari  un futuro marito o moglie, nascevano amori ed altri legami si consolidavano con prospettive di matrimonio,   il pigiare l’uva spandeva un profumo inebriante, l’odore del  mosto messo nei tini, maturato poi messo nelle  botti, era tutto un mondo di odori, dalle castagne prima fresche e poi secche, cotte, abbrustolite, alle pannocchie anche queste abbrustolite e buonissime, alle olive sotto sale, sotto aceto, sotto olio e di tutto veniva preparato con le mani dei contadini e massaie ,l’estate era la fabbrica del cibo invernale, tutto conservavi e trattavi, altro che expò,  nutrire il pianeta di schifezze, era un mondo giusto, il cibo buono perché era quello che tu dovevi mangiare, lo facevi con arte e anche amore.
Ricordi del tempo amico e gioioso per me, oggi il sud è cambiato, ma io feci in tempo a vedere le cose antiche, le macchine arrivarono dopo, tipo la trebbiatrice, i trattori e la fine dei contadini che prestavano manodopera, la fine perché nessuno più li voleva, c’erano le macchine e la gente è andata via, chi al nord e chi all’estero, anche io sono andata via, tornata alla famiglia naturale di mio padre, madre e fratelli ,anche io al nord, finite le scuole elementari, visto che lì nel paesello non c’era altro sono andata al nord, con dolore mio e di mio zio, al nord in treno, con mio padre che non conoscevo ,lo vedevo qualche estate per  qualche giorno, e pregavo che manco venisse tanto aveva un brutto carattere, al nord con un lungo treno, gente con la valigia di cartone, vagoni puzzolenti di tutto, di cibo, di piedi, di sudore, ore di disperazione e così si è arrivati alla stazione centrale di Milano, l’ho vista brutta, tutta di ferro, odore di ruggine, benzina e cavolo, il nord era una puzza di cavolo in tutto il suo vivere. Il nord con i suoi cieli pallidi, non azzurro spaparanzato ma celeste smorto, sempre affumicato da qualche ciminiera, come funghi le vedevi, con la giornata scandita dalla sirena, 4 volte suonava per andare a lavorare nelle fabbriche, con le case dei cortili, le ringhiere e un cesso fuori per tutti, l’acqua fuori, insomma il cambio è stato a sfavore, ci chiamavano terroni, con disprezzo, ci sfruttavano in tutto, le case affitti alti, il cibo pure quello, mio padre faceva il professore ma con il suo stipendio non poteva mantenere la famiglia, i prezzi dei generi alimentari erano troppo alti gli affitti delle case poi non ne parliamo, ma una casa decorosa bisognava averla, così si lavorava tutti, chi andava a scuola poi la sera tagliava il pizzo, lavoro in nero che si faceva nelle case, mia madre ricamava per le suore, i miei fratelli finite le scuole medie lavoravano e studiavano, uno andò a lavorare come commesso, un altro a mezza giornata da un artigiano, io a scuola, fu la fine di un mondo, a scuola non me la cavavo bene come al sud, venni rimandata a settembre, una volta finite le medie non volevo più studiare e  andai a lavorare di nascosto, raccontando che aiutavo una mia zia nelle faccende, poi una volta assunta, dissi a mia madre che in casa con lei a tagliare i pizzi non ci volevo stare , fu il mio primo atto di ribellione e andai a lavorare in una fabbrica come ragazzina, cioè servivo materiale alle donne in catena di produzione, avevo 14 anni e il lavoro era in nero, prima paga fu di 5 miliare alla settimana.
Lavori in nero quanti nella mia vita, si può dire mezza vita lavorativa, oggi si parla di precariato, ma c’ è sempre stato, la differenza è che allora   lo trovavi il lavoro,  in nero o in bianco c’era, oggi non è più così , oggi c’è la miseria, i giovani  ridotti a elemosinare un lavoro, mi fanno pena, perché io ho scioperato, mi hanno picchiata durante manifestazioni dove chiedevamo diritti, li abbiamo ottenuti ed oggi ce li stanno togliendo, con la scusa che non c’è lavoro, però comperano merci estere mal fatte a buon mercato, le rivendono a noi a prezzi alti e la mafia guadagna,  prospera, oramai è nei governi, è la politica che comanda, siamo tornati al fascismo,  io piango per i giovani, non voglio vederli così, non  può finire una civiltà così, in mano a pochi ricconi, stronzi, ignoranti, criminali.
Che dire io dopo un anno di lavoro nella fabbrichetta  andai ad una scuola serale per il diploma di media superiore, un pezzo di carta e poi l’università, per  avere questi pezzi di carta mi alzavo alle 7 del mattino e andavo a letto oltre  mezzanotte, sempre fuori casa, credevo di migliorare la mia vita, un  titolo di studio avrei trovato un lavoro migliore, ma non era così e anche oggi non è così, prendono persone raccomandate, se non lecchi non ti prendono, io non  ho mai leccato e i miei lavori sono stati vari, dall’operaia, all’impiegata,  commessa, cameriera, anche imprenditrice  ecc.  ecc. In questo mondo dove tutto è merce, dove la speranza sono i soldi che fai? Ti innamori e di chi? Di uno diverso da te, perché appunto è diverso.
Lavoravo a Milano in una libreria in centro, abitavo anche lì, la sera dopo avere finito di studiare, prima di andare a letto mi fumavo la sigaretta affacciata alla finestra per evitare di dormire con la puzza di fumo nella stanza, era un rito, era tutto buio, l’orario era sempre sulla mezzanotte, c’era una sola finestra sempre accesa, quella pensai di un disgraziato come  me costretto a lavorare e studiare vista l’ora ,si sentiva anche una musica rock  di un complesso del nord, non sapevo chi fossero, ma era veramente bella così avevo l’appuntamento con uno sconosciuto, ero sicura che era lì, appoggiato al tavolo con lampada e musica, sui libri e con una penna in mano, era un bel ragazzo biondo, pensai nordico, anche  io ero bionda,  si pensava sempre che i biondi fossero del nord non era vero, l’Italia terra di passaggio di tutte le razze da biondi, neri e pure mulatti in tutto il territorio, però il biondo era prevalente al nord , la spiegazione era tutta  lì, per me era piacevole la sera prima di addormentarmi sentire la musica e vedere uno della mia età che studiava, come me, fino a quando una sera la sigaretta andai a fumarla giù ai giardini sotto casa, sono seduta sulla panchina e sento una voce dietro me che mi dice: questa sera la sigaretta te la fumi qui? Sono sceso pure io, così ce la fumiamo assieme, io sono Marco e tu? Io mi giro, dico: Maria, non fumammo un bel niente, andammo a Brera a fumare e a bere un bicchiere di vino, a chiacchierare, ci siamo presentati così, con sigaretta e vino passata la mezzanotte a Milano chiacchierando e nel locale il 17 si chiamava si sentiva musica jazz al pianoforte, c’era gente giovane a quei tempi trasgressiva, insomma un locale gradito e molto frequentato specie alle ore piccole.
 Cominciammo a frequentare  anche il Jamaica le sere seguenti ,era più a buon mercato,  poi c’era di tutto, si discuteva e si era tutti compagni,  c’erano locali di tutti i tipi, quelli per chi aveva da spendere e quelli per chi ne aveva pochi di danè, ma poi si passava perché ti invitavano, c’era l’Aladino, il 2, franco il contadino dove si mangiava benissimo ecc. ecc. c’erano anche le botteghe del pane, lavoravano di notte e potevi mangiare la michetta fresca all’alba, appena sfornata o la pizzetta, focaccia ecc. C’era una volta adesso non c’è più, anche adesso i giovani hanno i loro ritrovi, ci sono sempre stati. Con Marco era un amore tranquillo, lui giovane come me, lui con mani morbide occupate su di me a togliermi una ciocca di capelli sugli occhi, a cingermi la vita,  lui che  mi diceva: sempre insieme noi saremo, lui che sussurrava: sei bella, io ero felice, quella finestra illuminata di notte mi  pareva il cammino del futuro e via dicendo pensavo cazzate così, però ci amavamo, e come se ci amavamo, in tutti i posti immaginabili, amore di  primavera e poi d’estate, al mare qualche giorno a pazzià, poi arriva l’autunno e siamo così cotti l’un dell’altro che non ci accorgiamo degli altri, sua madre e amiche, parenti, insomma la sua famiglia, questi non erano contenti per nulla di noi, prima dissero è una cotta e va via, poi è una stagione, cresceranno, le strade sono diverse, poi visto che passavano anche anni la cosa dette fastidio e parecchio, pensarono a rimediare, così un giorno mi venne a dire che partiva per l’America,  andava a fare corsi, poi a provare come si viveva là, sua madre aveva organizzato tutto, al ritorno si poteva pensare di stare assieme, di convivere ,ma di quanto tempo non lo disse, lo venni a sapere da un suo cugino, due anni, che avrei fatto io per due anni, poi tornava, sua madre che progetti aveva, cosa pensava di me, il cugino me lo disse chiaro, pensava che noi assieme non potevamo stare  ecc.  ecc. Quella sera andai a Brera e trovai Gianni  il mio super, dolcissimo amico spasimante da sempre , quello che mi diceva di essere disponibile per me ovunque, eravamo amici, lui era il mio confessore ateo, insomma un bicchiere di più, un pianto, sono finita a casa sua e lì ci siamo messi assieme, per qualche tempo lui diventò il mio uomo, ma era solo per passare il tempo, per non morire, per fare finta che non me ne fregava nulla e non era vero, per me c’era sempre Marco nella testa, più mi stordivo e più pensavo a lui, così Gianni dopo un po’ mi disse che potevamo anche sposarci, avere bambini, io allora gli  feci capire che non era amore, non ne potevo più di Milano, meglio era per me cambiare aria, ma anche per lui, non era giusto che facesse da toppa.
Marco non l’avrei più visto, sono partita per Viareggio e lì trovato lavoro ho mollato tutti e tutto, da allora cambiai in tutto, divenni grande ed anche cattiva, è vero che l’amore rende buoni e disponibili verso gli altri, come l’abbandono rende acidi, portati a solitudini ed egoismi. L’estate era bella ,anche il mare, io lavoravo in un albergo abbastanza di lusso, ero quasi sempre occupata, andavo al mare raramente, il lunedì ero libera, andavo alla spiaggia della pineta, dove non c’era quasi nessuno, spiaggia libera, ci stavo quasi tutto il giorno, borraccia e libri e via, poi a sera tornavo a casa che per quel tempo era l’abitazione di Mariella ,la mia amica di sempre, quando calavo in Versilia,  lì avevo oramai la mia stanza,  la sera dopo il mare uscimmo io lei e il suo bimbo, andammo a mangiare la pizza, lei mi disse:  di Marco hai più saputo nulla? Io: no, mai chiesto a nessuno, per me è morto, lei mi disse che non solo era vivo, ma pure sposato, in attesa di diventare padre, in America era andato, lì si era sposato e poi  pure tornato per festeggiare a Milano poi ripartito, tornato in America, l’aveva visto a Massa, lì lui aveva raccontato tutto, di me di lui e dell’altra, semplicemente ne aveva ai tempi due di donne io e l’altra, adesso che sapevo la smettessi rompere con cattiverie, acidità e la solitudine e mi dessi a vivere in pace, me lo disse perché gli facevo pena, ma per me fu ancora peggio, che fare, essere presa per il culo per anni che fare, niente , solo niente, finii la stagione e tornai a Milano.
 Mi parve il paradiso, gli amici, i locali, pensavo con altri di aprire un locale anche io, un ritrovo per giovani e al mare, c’era un’occasione al mare, vicino  a Venezia, eravamo in quattro mettemmo forze e danari e ci demmo da fare, ma Milano è grande e pure piccola se hai dei giri, prima o poi li vedi tutti compreso quelli che non vuoi, oppure ti parlano di amici e nemici, così ancora sentii di marco, suo cugino una sera me lo ritrovo al 2, mi offre da bere, mi dice: e marco? Io lo tratto male: che ne so dei marchi e sterline gli rispondo, lui: non l’hai scordato per nulla tu, ed io gli chiedo: è nato o nata, mi chiede: chi te lo ha detto? Al che io dissi “che ti frega” lui: non devi essere così acida, ti ha voluto bene, è stato costretto, che doveva fare? Io: doveva non venire con me semplice, aveva una donna, era pure una cosa seria, allora il cugino mi raccontò come erano andate le cose, dicendomi che Marco con me era stato sincero.
Marco è vero aveva una relazione con una ,per giunta amica di famiglia, erano anche stati spinti dalle famiglie a mettersi assieme, insomma erano della società bene di Milano e non solo, insieme per i genitori erano la cosa giusta per loro, Marco si aveva accettato, ma sempre con rassegnazione, poi lei partì per l’America, aveva finito gli studi in Italia , così la mamma di Marco  prenotò tutto per Marco una volta finito lui gli studi, per poi finire  il tutto con un matrimonio, ma lui non ne voleva più sapere, aveva cambiato idea, c’ero io, non la voleva più, allora lei venne in Italia e stettero assieme , giusto il tempo di chiarire che non c’era più nulla, ma intanto che decidevano di lasciarsi erano stati insieme ed avevano fatto sesso, così dopo due mesi lei lo chiama e glielo dice, è gravida di sua figlia, e dunque  logico sposarsi, andare in America, vivere lì , per questo lui pensava che in due anni poteva anche divorziare in America e tornare con me, cosa che non gli fu possibile con tutti i parenti in coro che aveva una figlia, doveva prendersi le sue responsabilità , poi tornarono in Italia, per  chiarire con i parenti, separarsi e poi divorziare in America, era finita così, adesso Marco era in Calabria , gestiva un complesso alberghiero e stava con un’altra, di me chiese, ma nessuno gli disse né dove ero e neanche che facevo, perché così pensavano di farmi del bene, perché lui non meritava nulla, io dissi: perché la gente non si fa mai i cazzi suoi, io Marco me lo sarei ripreso.
Il cugino, Andrea ,  così fedele a riportarmi notizie, pare appostato   nei paraggi sempre quando io vado nei locali soliti, lui molto più giovane di Marco e pure di me che oramai sono nell’età adulta da un bel pezzo, me lo fanno notare amici sposati con figli, cosa aspetto anche io ad accasarmi, io manco ci penso, non ne voglio sapere di matrimonio e poi con chi, sono diventata per il mio fuggire da rapporti seri famosa , non ne voglio sapere, vivo bene così, lui  Andrea  adesso mi viene a trovare anche a casa, l’ho sempre attorno, non mi parla più di Marco, siamo buoni amici e così che una sera mi capita all’ora di cena, io sto preparando un’insalata di pomodori e basilico, piatto mio preferito anche perché veloce e semplice da preparare, Andrea mi chiede se so perché viene sempre a trovarmi, io rispondo che è uno scassacazzi,  lui mi si avvicina e mi sussurra: sono innamorato di te.
Mi chiedo com’è possibile, lo guardo, mi guarda, le sue mani vanno al mio viso, lo prende con dolcezza, mani come di cieco, con i polpastrelli lo passano tutto dai capelli alle labbra, poggia la sua fronte sulla mia, poi le mani vanno ovunque, mi bacia e io? Io corrispondo, non solo, lo cerco, pare una lotta all’ultimo sangue, siamo con le mani che cercano il corpo dell’altro, mani ovunque e sempre più frenetiche, finiamo sul pavimento, lui mi prende le mani le ferma poi  mi si appoggia e penetra, mi prende ,io non capisco più nulla, so che non sono più sola, lui è in me, io lo accolgo, è un’ amore  nuovo? No è sempre lì presente da anni, sempre stato con me e non lo sapevo, non lo capivo, finito e sfiniti ci guardiamo e lui mi dice: per sempre con me adesso, non scappare, tu con me ci resti per sempre.
Quella sera mangiammo l’insalata con i pomodori, poi andammo in doccia e sotto l’acqua ci amammo e poi a letto e via così, una notte di sesso senza freni, noi intrecciati senza tregua, come se potesse venire la fine del mondo, insomma al mattino mi disse: vado a prendere  la mia roba e resto con te, non dissi nulla gli diedi la copia delle chiavi.


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